06-11-2018
Il cioccolato di Antica Dolceria Bonajuto venduto da Fud e (provocatoriamente) denominato "cioccolato di un paese vicino a Ragusa"
Se la tipicità di un prodotto - sia esso frutto della generosità della terra o della fortuita bravura di una generazione di artigiani - può cambiare davvero la fisionomia di un territorio, orientandone in una direzione completamente nuova il contesto sociale e le prospettive di sviluppo economico, quanto più velocemente può consumarsi questo processo se lo stesso prodotto viene "benedetto" da un marchio di qualità? Ma, allo stesso tempo, quanti rischi si annidano in un fenomeno di accelerazione incontrollata, su cui il ruolo di carburante lo gioca più la potenziale impennata della domanda di mercato che la consapevolezza dei produttori sulla strada che vale davvero la pena percorrere?
E se l’azienda che ha fatto la storia di questo prodotto, ovvero l’Antica Dolceria Bonajuto, non solo non fa parte del Consorzio di Tutela del Cioccolato di Modica, non solo ha già annunciato che rinuncerà alla certificazione Igp, ma ha provocatoriamente già messo in commercio le prime barrette di "Cioccolato di un paese vicino Ragusa", appare chiaro che in gioco non c’è l’esito di una marginale faida di paese, ma l’intera questione dell’identità presente e futura di uno dei prodotti che ambisce a collocarsi tra le eccellenze dell’agroalimentare made in Italy.
Ancora, il cioccolato di Antica Dolceria Bonajuto venduto da Fud e (provocatoriamente) denominato "cioccolato di un paese vicino a Ragusa"
Ci sono almeno due nodi molto controversi nel disciplinare pubblicato lo scorso 15 ottobre sulla Gazzetta Ufficiale Europea, che condizioneranno il futuro del cioccolato di Modica e le sue reali possibilità di consolidare la propria reputazione come prodotto artigianale esclusivo, di alta qualità, o - al contrario - di finire sul binario del largo consumo, tra i canali della grande distribuzione.
Il secondo, ben più articolato, riguarda il metodo di produzione. Se è pacifica la lavorazione a freddo - non oltre i 50°C - la scelta delle materie prime viene discrezionalmente lasciata ad ogni produttore, non solo per quanto riguarda le spezie e gli aromi, ma soprattutto per quanto riguarda il cacao, di cui si fa solo una menzione generica e addirittura antistorica: "È consentita altresì - si legge in un comma del disciplinare - l’indicazione in etichetta del Paese di origine del cacao da cui è ricavata la pasta amara di cacao (massa di cacao) utilizzata”.
Elvira Roccasalva
Sugli scivoloni che si annidano in queste contraddizioni, va detto che i produttori modicani hanno illustri predecessori, dai produttori della piadina romagnola a quelli dell'aceto balsamico di Modena, dalla bresaola della Valtellina alla pasta di Gragnano, solo per fare gli esempi più noti alle cronache. Ad accomunarli tutti c’è il grande equivoco insito nella stessa denominazione Igp, per la quale - a differenza della Dop - non fa differenza la provenienza delle materie prime: un equivoco che ha già provocato numerose aberrazioni per cui talvolta le produzioni industriali ne hanno tratto più vantaggi di quelle autenticamente artigianali.
Pierpaolo Ruta col padre Franco, venuto a mancare due anni fa
Anticipazioni, personaggi e insegne del lato sweet del pianeta gola
di
classe 1987, giornalista professionista testardamente modicana, sommelier in formazione permanente. Attraversa ogni giorno le strade del “continente Sicilia” alla ricerca di storie, persone e imprese legate alla cultura del cibo e del vino. Perché ogni contadino merita un romanzo
In questa rubrica, dolcezze, dolcezze e ancora dolcezze. Solo il meglio della pasticceria italiana e internazionale, dai grandi lievitati a clamorosi dessert al cucchiaio. I nostri racconti e assaggi dall’Italia e dal mondo