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Mangiare non è un atto qualsiasi. Scegliere quali alimenti acquistare nemmeno. Il consumatore è l’ultimo anello di questa catena, che riguarda l’alimentazione degli animali, gli interessi dei produttori industriali, l’ambiente. Ogni scelta alimentare influisce fortemente sulle scelte produttive di altri: essere coscenti porterà a rivalorizzare le produzioni secondo un’etica ben definita, che punta a una qualità non indicizzata industrialmente, definita rigorosamente da artigiani. Troppi sono stati gli scandali nel comparto carne, che hanno portato una monotonia dei consumi. Purtroppo sono pochi i macellai che possono definirsi tali, che rispettano ed enfatizzano tutti i tagli e che credono nella rivalorizzazione della carne, dettando dei nuovi parametri di allevamento. Questo difficile compito è stato devoluto ai piccoli artigiani, pochi in grado di riequilibrare le sorti della carne: uno di questi è sicuramente Franco Cazzamali, legato a vita alla razza Piemontese. Mangiare frattaglie non vuol dire mangiare lo scarto, ma affidarsi alle variazioni di gusto di una parte povera, l’essenza dell’animale, parti che rispecchiano l’andamento alimentare dell’animale. Cercare la semplicità non è sinonimo di facilità: semplice implica più attenzione e competenza perché, non utilizzando stratagemmi, è più facile sbagliare. Cazzamali ha la carne nel sangue: gioisce nel vedere l’animale vivo, quando lo vede macellato, quando lo vede nel piatto e dai suoi occhi scaturisce una passione unica quando parla con chef del calibro di Alajmo. Nato ad Antegnate nel Bergamasco, già all’età di 15 era conscio della sua passione. Ma la passione non basta, servono rigore e conoscenza, rispetto della terra e dell’agricoltura perché tutto nasce dal suolo. Il suo primo grande maestro fu Michele Bellini, che per due anni gli insegnò le tecniche di macellazione. Ma a Franco questo non bastava: voleva imparare l’arte del servizio al pubblico. Per questo lavorò per altri due anni nel negozio del signor Aquilino Carmelo, a Cusano Milanino. Nel 1983, appena fresco papà, aprì in quel di Romanengo la macelleria, ancora di proprietà, punto intermedio tra produttore e consumatore, in grado di far percepire l’artigianato italiano.
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